Il ginocchio del saltatore o “jumper’s knee” è una tipica tendinopatia inserzionale a carico dell’apparato estensore del ginocchio che affligge soprattutto gli atleti dediti a sport con frequenti scatti e balzi (pallavolo, pallacanestro, atletica). Il jumper’s knee ha una prevalenza tra gli sport di circa l’8% e colpisce il 14% dei pallavolisti ed il 13% dei cestisti. La tendinopatia può essere localizzata al polo inferiore della rotula (65%), al polo superiore (25%) o alla tuberosità tibiale (10%). L’eziopatogenesi è legata ad un sovraccarico funzionale dell’apparato estensore da microtraumi eccentrici ripetuti nel tempo, con tentativi di riparazione inefficaci. I fattori predisponenti sono sia di tipo estrinseco che intrinseco:
- Malallineamento rotuleo ed alterato appoggio plantare
- Osteocondrosi del ginocchio (Osgood-Schlatter, Sinding-Larsen-Johansson).
- Ridotta dorsiflessione della caviglia
- Sovrappeso
- Calzature non idonee.
- Superfici di gioco inadatte.
- Intensità, frequenza e metodiche di allenamento scorrette.
A causa della patologia il tendine si presenta ispessito e con aree inserzionali di degenerazione, microlesione e neovascolarizzazione senza evidenti processi infiammatori.
Sintomatologia: Il dolore si presenta in particolare durante la fase eccentrica del movimento e cioè nelle fasi di decelerazione, salto, discesa con andamento ingravescente, dapprima a riposo e successivamente durante l’attività tale da limitare od impedire l’attività stessa. La classificazione secondo Blazina (1973) è in quattro gradi:
- Dolore dopo attività sportiva senza limitazione funzionale.
- Dolore all’inizio dell’attività, scompare con il riscaldamento per ricomparire dopo l’attività, condiziona la prestazione fisica.
- Dolore durante e dopo l’attività con limitazione del rendimento atletico.
- Lesione tendinea, impossibilità di effettuare qualsiasi attività.
La diagnosi è prevalentemente clinica, coadiuvata dall’ecografia e dalla Risonanza Magnetica. Importante differenziare il ginocchio del saltatore dalla condropatia rotulea (talvolta coesiste) e dalla sindrome femoro-rotulea (più frequente nel sesso femminile). Nei pazienti adolescenti è necessario escludere la presenza di apofisite alla tuberosità tibiale (Osgood-Schlatter) o all’apice inferiore rotuleo (Sinding-Larsen-Johansson).
Il trattamento è generalmente conservativo. Il protocollo riabilitativo prevede inizialmente la riduzione dell’attività sportiva, associando terapia antiinfiammatoria, crioterapia, stretching ed utilizzo di cinturino sottorotuleo. In questa fase è utile anche la correzione degli eventuali difetti d’appoggio con plantari. Tra le terapie strumentali quelle più utilizzate sono Laser ad alta potenza, Diatermia, US a freddo ed Onde d’urto.
In fase subacuta iniziano gli esercizi di potenziamento muscolare isometrico ed in particolare eccentrico (secondo Curwing e Stanish), associando stretching ed esercizi propriocettivi. Nelle forme più gravi si può rendere utile il Massaggio trasverso profondo ed il trattamento infiltrativo con acido ialuronico e/o PRP. Infine si procede al ricondizionamento cardiorespiratorio ed al ritorno allo sport.
Il Trattamento chirurgico è da riservare in caso di insuccesso delle terapie conservative per oltre 6 mesi. Gli interventi più frequentemente eseguiti sono:
- Toilette inserzionale, perforazioni, scarificazioni
- Microdebridment con vaporizzatore