La capsulite adesiva o spalla congelata (Frozen Shoulder per gli anglosassoni) esordisce con un processo infiammatorio a carico della capsula sinoviale dell’articolazione gleno-omerale (soprattutto della capsula anteriore e dei legamenti all’intervallo dei rotatori); questo processo sinovitico determina fibrosi e retrazione capsulare con conseguente diminuzione del liquido sinoviale fisiologico; questi eventi provocano una progressiva limitazione del movimento attivo e passivo della spalla. Esistono due forme di capsulite:
- Frozen Shoulder (capsulite primitiva)
- Capsulite post-traumatica (capsulite secondaria)
La Frozen Shoulder colpisce il 2-5% della popolazione, prevalentemente di sesso femminile tra i 40 e i 60 anni, con maggiore incidenza in caso di malattie endocrine (diabete, alterazioni tiroidee, ormonali..) e nelle sindromi ansioso-depressive. A volte la capsulite si accompagna alle calcificazioni di spalla. Può colpire entrambe le spalle nel 10% dei casi.
L’insorgenza è subdola e si manifesta con il dolore (fase 1) spesso notturno e limitazione funzionale; segue quindi un periodo di incremento della restrizione articolare (in primis dell’extrarotazione) di spalla su tutti i piani (fase 2), causata da una importante retrazione capsulare, con discinesia scapolo-toracica di compenso che può durare alcuni mesi; l’ultima fase (fase 3) è quella della remissione, caratterizzata da una lenta ripresa funzionale, solitamente dopo 4-6 mesi. La capsulite adesiva è quindi una patologia piuttosto invalidante, sia per le sue caratteristiche cliniche che per l’andamento temporale.
La Capsulite post-traumatica consiste in un processo flogistico più localizzato rispetto alla spalla congelata, causato da un trauma importante (come una frattura o lesione alla cuffia) o da micro-traumi ripetuti. Il dolore e la limitazione funzionale sono, in questo caso, meno evidenti.
Il trattamento in fase 1 prevede, per gestire meglio il dolore, terapie strumentali come Laser, InterX e US e terapia cortisonica per bocca. Le fasi 2 e 3 hanno come cardine la rieducazione funzionale passiva (eseguita dal fisioterapista) ed attiva con esercizi di automobilizzazione e stretching gleno-omerale e scapolo-toracico da parte del paziente (anche in acqua a 34-36°C). A questo protocollo si possono associare per avere benefici più precoci:
- Infiltrazioni ecoguidate con acido ialuronico capsulare ed all’intervallo dei rotatori + scollamento bursale con anestetico e steroide
- Distensione capsulare ecoguidata (idrodilatazione)
- Terapia miofasciale